Il sequestro penale in un caso di frode fiscale connesso a un trust e a una polizza vita: distinzione tra beneficiario effettivo e libera disponibilità
Il sequestro penale in un caso di frode fiscale connesso a un trust e a una polizza vita: distinzione tra beneficiario effettivo e libera disponibilità
Un’indagine per frode fiscale mette in luce uno schema internazionale di detenzione patrimoniale, al centro del ragionamento dei giudici.
La Corte di cassazione francese si è recentemente pronunciata sul sequestro di una somma pari a 94.460.440 euro, corrispondente al ricavato della vendita di un complesso immobiliare ceduto per 1.032.000.000 euro (24 settembre 2025, ricorso n. 25-80.120).
Nell’ambito di un’indagine preliminare per frode fiscale e riciclaggio aggravato, la persona indagata è sospettata di aver detenuto indirettamente, in qualità di beneficiario effettivo di diritti immobiliari detenuti attraverso diverse società, un patrimonio immobiliare che avrebbe omesso di dichiarare all’amministrazione fiscale ai fini dell’imposta sulla fortuna immobiliare.
Gli inquirenti hanno scoperto una struttura di detenzione internazionale a catena: una società lussemburghese deteneva una holding danese, la quale controllava a sua volta un insieme di società situate tra la Danimarca e la Francia. Tra queste figurava una società francese proprietaria di immobili di grande valore, situati in particolare a Parigi e sulla Costa Azzurra.
Nel 2005, la persona indagata aveva trasferito le proprie partecipazioni nella società lussemburghese a un trust familiare. L’anno successivo, tale trust aveva ceduto le partecipazioni nell’ambito di una datio in solutum inserita in un contratto di assicurazione sulla vita lussemburghese. In base ai termini del contratto, il trust figurava contemporaneamente come sottoscrittore e beneficiario, mentre l’interessato ne era l’assicurato.
Le condizioni giuridiche del sequestro: proprietà o libera disponibilità
In diritto penale francese, il sequestro di un bene può essere disposto solo a determinate condizioni.
Gli articoli 131-21, comma 6, del codice penale e 706-153 del codice di procedura penale stabiliscono che un bene può essere sottoposto a sequestro se appartiene alla persona indagata o se si trova nella sua libera disponibilità, salvo che un terzo, proprietario in buona fede, dimostri i propri diritti.
La libera disponibilità presuppone un potere effettivo di agire sul bene: decidere del suo utilizzo, della sua vendita o del suo trasferimento, anche senza esserne il proprietario in senso stretto.
Le decisioni della chambre de l’instruction, così come le sentenze pronunciate in ultima istanza, sono nulle se non contengono motivazioni sufficienti a consentire alla Corte di cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità (articolo 593 del codice di procedura penale).
L’analisi della Corte d’appello: il beneficiario effettivo come fondamento del sequestro
Per confermare e motivare la misura di sequestro, la Corte d’appello di Parigi si era basata su diversi documenti acquisiti nel corso delle indagini, tra cui alcune corrispondenze redatte in lingua italiana che descrivevano l’indagato come il “titolare finale” dei diritti immobiliari detenuti tramite le società interposte.
I giudici avevano inoltre rilevato che il contratto di assicurazione sulla vita lussemburghese designava il trust come sottoscrittore e beneficiario, ma l’indagato come persona assicurata. Le polizze assicurative indicavano che, in caso di riscatto totale o parziale, le somme non sarebbero state versate al trust, bensì direttamente all’assicurato.
Per la Corte d’appello, la persona sottoposta a indagine, in quanto beneficiario effettivo del trust — a sua volta beneficiario del contratto di assicurazione sulla vita di cui essa era l’unica assicurata — doveva essere considerata come il beneficiario economico finale delle entità detenute per il tramite della società lussemburghese. Di conseguenza, secondo i giudici, essa disponeva liberamente delle somme sequestrate, circostanza che giustificava la conferma della misura di sequestro penale.
In questa prospettiva, i giudici della Corte d’appello hanno fondato la propria decisione su un’analisi essenzialmente descrittiva dei rapporti giuridici che univano le diverse strutture riconducibili a una medesima strategia di detenzione patrimoniale: società, trust e contratto di assicurazione sulla vita. Partendo dalla qualificazione di beneficiario effettivo attribuita alla persona indagata, congiunta alla sua qualità di beneficiario del contratto assicurativo, la Corte ha concluso che essa disponeva della libera disponibilità dei beni, condizione legale necessaria a giustificare il sequestro penale.
La posizione della Corte di cassazione: un’esigenza di dimostrazione concreta
La Corte di cassazione censura tale ragionamento. Essa ricorda che la libera disponibilità di un bene non può desumersi da una mera apparenza economica né da una qualificazione formale: deve essere dimostrata attraverso elementi concreti che attestino l’esistenza di un effettivo potere di controllo o di direzione sul bene.
Quando un bene appartiene a una società, la libera disponibilità implica che la persona interessata eserciti su di essa un potere di direzione, di diritto o di fatto. E quando tale società è a sua volta inserita in un trust di cui la persona indagata è beneficiaria, il giudice deve spingersi oltre: gli compete analizzare il funzionamento reale del trust, valutarne gli effetti concreti ed esaminare la ripartizione effettiva dei poteri al suo interno.
Solo attraverso un’analisi di questo tipo il magistrato può stabilire se, in qualità di beneficiario, la persona disponga di un reale potere decisionale sulla società interposta e, di conseguenza, sui beni da essa detenuti.
La Corte richiama la definizione contenuta nell’articolo 1649 AB del Code général des impôts, secondo la quale: «Sono considerati beneficiari effettivi dei trust tutte le persone fisiche che rivestono la qualità di amministratore, disponente, beneficiario e, se del caso, di protettore, nonché ogni altra persona fisica che eserciti un controllo effettivo sul trust o funzioni equivalenti o similari».
Tale definizione, concepita per finalità di trasparenza fiscale, mira a identificare le persone fisiche che si trovano dietro le strutture giuridiche. Tuttavia, essa non implica necessariamente un potere effettivo di disposizione: può includere meri beneficiari potenziali, disponenti spogliati della titolarità o protettori privi di poteri gestionali.
È proprio qui che si colloca la distinzione operata dalla Corte di cassazione. Il beneficiario effettivo risponde a una logica dichiarativa e fiscale, mentre la libera disponibilità appartiene a una logica fattuale e penale.
La prima identifica le persone collegate alla struttura giuridica; la seconda misura il potere concreto esercitato sui beni. La libera disponibilità è una nozione più esigente e più incisiva: non si limita al riconoscimento di un interesse economico, ma presuppone una reale capacità decisionale.
In altri termini, il beneficiario effettivo può non essere che un avente diritto teorico, mentre il titolare della libera disponibilità agisce come il vero proprietario economico.
In conclusione: “Non guardate il trust, guardate dentro il trust”
Per la Corte di cassazione, accertare la libera disponibilità di un bene significa dimostrare che il trust ne costituisce soltanto il proprietario giuridico apparente, interposto per celare la realtà della detenzione.
Una simile dimostrazione richiede necessariamente un’analisi concreta del funzionamento del trust: occorre comprendere come vengono assunte le decisioni, chi impartisce le istruzioni, chi detiene il potere di riscatto o di distribuzione e a chi sono effettivamente versati i redditi.
Solo attraverso questa lettura funzionale — e non mediante la semplice affermazione della qualità di beneficiario — il giudice può concludere che una persona dispone realmente di un bene e, di conseguenza, giustificare una misura di sequestro penale.
La Corte di cassazione invita dunque i giudici istruttori a superare la superficie giuridica dei montaggi patrimoniali per analizzarne il funzionamento effettivo e sostanziale.
Sandro ASSOGNA
